di Teresa Dentamaro
Se fallisce l’appaltatore di opera pubblica la stazione appaltante può sospendere i pagamenti in attesa che questi adempia verso subappaltatore, ma solo finché il contratto di appalto non è sciolto dalla dichiarazione di fallimento.
Con la sentenza n. 5685 del 2/3/2020 le Sezioni Unite hanno dato continuità all’indirizzo interpretativo che nega la prededuzione ai sub-appaltatori che si insinuano al passivo degli appaltatori falliti: sono creditori concorsuali.
A parere di chi scrive, si è persa un’occasione. Eppure, l’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite (Sez. I, 12/7/2019 Est. Terrusi) aveva rintracciato un interessante filo conduttore tra le norme sostanziali in tema di appalti pubblici, quelle della legge fallimentare nei rapporti tra creditori della massa e creditori concorsuali, la posizione dell’Anac e il diritto “naturale” (e comunitario) delle piccole e medie imprese a vedere soddisfatti i propri diritti di credito considerato che, proprio i subappaltatori, i soggetti economicamente più deboli, di fatto realizzano (parte, la maggior parte, diverse parti) delle opere pubbliche.
Un filo conduttore in realtà individuato dal remittente a partire dalla sentenza n. 3402 del 2012, ma veniva confuso dalle più recenti interpretazioni che, pur dando atto della continuità ermeneutica, giungevano a conclusioni differenti a volte ammettendo ed a volte negando la possibilità di riconoscere la prededuzione ai crediti dei subappaltatori ed infine, appariva reciso con la sentenza n. 33350 del 2018. Donde il contrasto e l’esigenza della pronuncia a sezioni Unite.
Quel filo conduttore, era suggestivo e dotato di propria resilienza ma non ha retto all’esame nomofilattico della Corte.
Le Sezioni Unite hanno dichiarato che esso conduceva ad una causa innominata di prelazione, insomma una questione de iure condendo non risolvibile in termini di interpretazione giurisprudenziale.
Si è quindi perso il bel lavoro interpretativo del remittente in attesa che il legislatore riprenda il filo ed emani una norma ad hoc.
Come professionista mi sono occupata della difficile tutela della posizione creditoria di un subappaltatore allorquando fallisce l’appaltatore e, pertanto, nonostante il rigore formale della decisione delle Sezioni Unite mi rammarico del sacrificio degli interessi sostanziali dei contraenti deboli. I subappaltatori sono i soggetti che anticipano i costi per i materiali e per la manodopera, l’opera o quella parte di opera pubblica che viene realizzata si nutre delle loro risorse economiche pertanto quando l’appaltatore fallisce e la PA committente paga il corrispettivo a vantaggio della procedura fallimentare, se essi vengono ammessi come creditori concorsuali e pagati in moneta fallimentare non riescono a recuperare nulla e falliscono a loro volta. Era questo il collegamento funzionale che andava valorizzato: senza l’opera dei subappaltatori non ci sarebbe stato compenso per l’appaltatore, non ci sarebbe stato attivo per il fallimento.
Ove la Corte avesse rinforzato il filo conduttore che suggellava il diritto dei subappaltatori alla prededuzione, sono certa che non avrebbe tradito la propria funzione anzi, avrebbe fatto in modo che fino all’ (auspicato) intervento del legislatore, la trama della tutela sostanziale riempisse il vuoto normativo.Tanto più che, ora, il legislatore è preso dalle emergenze sanitarie e sociali dettate dalla pandemia in corso l’interpretazione cui non è stata data continuità avrebbe potuto fare da ponte in attesa della creazione legislativa della nuova causa di prelazione.
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