IL DANNO ESISTENZIALE ESISTE ANCORA?

Ho trovato questo articolo scritto anni fa dopo la pubblicazione delle famose sentenze di San Martino. Mi sembra ancora attuale.

Le Sentenze delle Sezioni Unite della Cassazione dell’estate di San Martino del 2008 fecero tremare i polsi a molti Avvocati; con un colpo di spugna, i Giudici del Palazzaccio, mutarono in sabbia mobile il pavimento dei Tribunali.

Il 12 Novembre 2008, nei piani alti delle Compagnie assicuratrici si sentirono esplodere i botti delle migliori marche di spumante. Avevano vinto loro. Il danno esistenziale non esisteva più. Morto e sepolto dalle sentenze delle Sezioni Unite stanche di dover decidere la legittimità del danno del danno del danno. Anche questo, del resto sarebbe un motivo di danno esistenziale.

Ad allora: cosa dire alla sposa sconsolata che voleva fare causa alla sua parrucchiera perché, il giorno delle nozze, la meschina gli aveva bucato i capelli con la piastra rendendola una sposa indesiderabile? Cosa dire, alla timida signora Ginetta , implorante di citare in giudizio il vicino di casa che gli aveva stirato il gatto sotto le ruote della propria autovettura?

Dovevamo invitarle a tornare a casa: perché il loro patimento non avrebbe avuto un risarcimento. Parola delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

Diciamo la verità, però: ce la siamo cercata:  Abbiamo intasato le nostre agende di convegni e libri e seminari e corsi e siti… perché era dubbio cosa si dovesse intendere con la categoria danno esistenziale.

Era una parte del danno biologico? Si? Allora è una lesione del diritto alla salute.

Allora dobbiamo mostrare la ferita…

No? Allora è un danno morale.

Finalmente (per chi non lo so…), con una decisa presa di posizione, le Sezioni Unite hanno affermato che il danno non patrimoniale, quello indicato dall’art. 2059 cc è uno ed uno solo.

Vediamo in sintesi la posizione degli Ermellini.

Dicono che l’art. 2059 cc va letto con l’art. 2043 cc.

Dicono che esistono già delle ipotesi tipiche di risarcimento del danno non patrimoniale in relazione alla compromissione di valori personali (art. 2 1. n. 117/199), danni derivanti dalla privazione della libertà personale cagionati dall’esercizio di funzioni giudiziarie; art 29, comma 9, 1. n. 675/1996; impiego di modalità illecite nella raccolta di dati personali; art. 44, comma 7, d.lgs. n. 286/1998; adozione di atti discriminatori per motivi razziali, etnici o religiosi; art. 2 l. n. 89/2001; mancato rispetto del termine ragionevole di durata del processo).

Dicono che al di fuori dei casi determinati dalla legge, in virtù del principio della tutela minima risarcitoria spettante ai diritti costituzionali inviolabili, la tutela è estesa ai casi di danno non patrimoniale prodotto dalla lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione.

Dicono che il danno da lesione del diritto inviolabile alla salute (art. 32 Cost.) denominato danno biologico, è ben definito dagli artt. 138 e 139 d.lgs. n. 209/2005 (sent. n. 15022/2005; n. 23918/2006).

Dicono che il danno biologico va ricondotto nell’ambito dell’art. 2059 proprio in virtù dell’estensione di cui sopra mentre noi sappiamo che, prima, la tutela del danno biologico veniva azionata grazie al collegamento tra l’art. 2043 c.c. e l’art. 32 Cost. (come abbaino imparato da Corte Cost. n. 184/1986).

Dicono anche questo: Trova adeguata collocazione nella norma anche la tutela riconosciuta ai soggetti che abbiano visto lesi i diritti inviolabili della famiglia (artt. 2, 29 e 30 Cost.) (sent. n. 8827 e n. 8828/2003, concernenti la fattispecie del danno da perdita o compromissione del rapporto parentale nel caso di morte o di procurata grave invalidità del congiunto).

Dicono che anche il danno conseguente alla violazione del diritto alla reputazione, all’immagine, al nome, alla riservatezza, diritti inviolabili della persona incisa nella sua dignità, preservata dagli artt. 2 e 3 Cost. (sent. n. 25157/2008) deve essere collocato nell’art. 2059.

Per i Giudici di legittimità, fuori da questi casi (tipici?) sarà posssibile ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale, ma solo se sia accertata la lesione di un diritto inviolabile della persona: perché deve sussistere una ingiustizia costituzionalmente qualificata.

Quindi non possono essere risarcite tutte le lesioni alla persona ovvero tutti i pregiudizi non patrimoniali, ma soltanto quelli che realizzano un’ingiustizia costituzionalmente qualificata.

Effetti?

Spariscono tutte le sottocategorie tanto care al Prof. Paolo Cendon (danno esistenziale e morale) perché ora il discrimine è dato dalla verifica se, nel caso della signora Ginetta e del suo gatto spiaccicato, vi è stata lesione di diritti inviolabili della persona.

La Cassazione ci offre una speranza e dice i diritti costituzionali inviolabili, non vanno intesi come un numero chiuso ristretto solo ai casi di diritti inviolabili della persona come riconosciuti dalla Costituzione nel dato momento storico ma è consentito all’interprete “rinvenire nel complessivo sistema costituzionale indici che siano idonei a valutare se nuovi interessi emersi nella realtà sociale siano, non genericamente rilevanti per l’ordinamento, ma di rango costituzionale attenendo a posizioni inviolabili della persona umana”.

Altri effetti?

Innanzitutto il pregiudizio di tipo esistenziale sarà risarcibile solo entro il limite segnato dalla ingiustizia costituzionalmente qualificata dell’evento di danno. Se non si riscontra lesione di diritti costituzionalmente inviolabili della persona non è data tutela risarcitoria.

Poi bisognerà valutare la gravità dell’offesa. Il pregiudizio deve essere grave nel senso di serio tanto da meritarsela la tutela. In buona sostanza, le persone devono sapere che se circolano per strada e sono inserite in un contesto sociale bisogna accettare con tolleranza alcuni pregiudizi che la convivenza impone.

E il gatto della signora Ginetta? E i capelli bruciati della sposa, rientrano in questa categoria?

Dipenderà dal Giudice e dal parametro della coscienza sociale.

Termino con una considerazione più che una critica.

Alla fine la Cassazione restituisce l’idea di un danno non patrimoniale risarcibile nei casi di violazione di diritti costituzionalmente qualificati, eliminando le categorie create dalla dottrina e dalla Giurisprundenza, con la finalità  di evitare duplicazioni di voci risarcitorie nonché risarcimenti a danni c.d. bagattellari.

Nell’attività di individuazione di quali sarebbero i diritti costituzionalmente qualificati la Cassazione ci lascia mano libera lasciando spazio alle singole interpretazioni caso per caso. Ora il danno non patrimoniale diventa tipico perché va indicato il “referente costituzionale vulnerato”.

M. Radina, Dicembre 2008

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